Le donne devono iniziare a preferire le donne.
Purtroppo, siamo così offuscate dall’idea che il patriarcato ha di NOI – per favore, usiamo più spesso questo pronome che definisco termine di insieme – , che continuiamo a cercare il consenso e il supporto degli uomini, senza il quale, alcune non sarebbero mai prese in considerazione.
Non è un problema di intelligenza o bellezza, è insicurezza e mancanza di COMPLICITÀ.
Spesso ho ascoltato la frase maschilista:
“Gli uomini sono meglio delle donne”.
Lo sono in un elemento fondamentale per il dilagarsi di uno stato e una condizione sfavorevole a NOI donne: fanno squadra, Noi no, almeno non sempre come loro.
NOI non ne siamo capaci.
NOI abbiamo ancora il tarlo del volere ESSERE come loro.
NOI siamo considerate l’ALTRO, l’estraneo da tenere sotto controllo. Eppure, invece, di prendere coscienza di cosa significa essere nate DONNE, vogliamo l’uguaglianza.
Una DONNA nel presentarsi al mondo, sente chiara l’esigenza di palesare il proprio ESSERE DONNA. Nessun uomo si sente altrettanto obbligato a riconoscersi in quanto maschio dotato di sesso maschile.
Non fraintendete, sono FIERA di essere DONNA, di possederne le qualità, come sensibilità e abnegazione, tipiche di chi deve lavorare sodo, il doppio, per vedersi riconosciuto il minimo indispensabile in considerazione della morale che pare aver preso, nella sua “fede” ipocrita, convinzione nella comunità.
Eppure, non mi spiego la volontà di richiamare su di sé un diritto di uguaglianza e, al contempo, dover continuare a marcare il proprio sesso, come ragione dell’essere NOI l’Altro, che cammina e abita sul medesimo pianeta dell’Uno, del “Tutto”, ossia dell’individuo “primo cittadino”, l’Uomo.
L’Essere completo, lui, che si prende il primato pure quando a venir chiamato in causa è il genere umano. L’essere umano è Uomo, difatti non c’è nessuno, maschio o femmina che, nel formulare una frase, dica donna nel volgere pensiero al resto dell’intera umanità.
La parola “corretta” da utilizzare è “uomo”.
È una questione di dialettica. Qualcuno dirà, che tale idea è troppo radicale e legata al vocabolario, ma in verità è una questione molto più antica, che passa dalla religione e si mescola alla quotidianità e spesso alla violenza fisica e/o morale.
Le parole sono l’arma più potente che abbiamo. Aborro dinanzi alla donna che di sé parla al maschile.
Se parli di te e pretendi che a te ci si rivolga come ad un uomo, stai solo dando ragione all’idea che l’AUTORITA’ e il POTERE sono maschili. Ci stai dicendo che per ottenerli, bisogna dimenticare la biologia e la condizione femminile. Ci confermi che bisogna diventare come loro, come UOMINI. Ci confermi che gestire le cose SERIE è una cosa da maschi. In sostanza, stai dando ragione a ogni MASCHILISTA sulla faccia della terra e sei tu la prima NEMICA di te stessa e, soprattutto, delle altre donne che hanno SCELTO di NON snaturarsi.
SEI DIVENTATA UOMO per ottenere una condizione che ti era stata NEGATA come Donna. Ti sei conformata al MODO VIRILE di pensare e di FARE del maschio.
Questo è il chiaro lavaggio del cervello di un Padre – Attenzione! Non necessariamente un “padre”, è un esempio che, generalizzando, possiamo rapportare a un “Uomo di famiglia” di maggiore riferimento – , di cui la bambina, oggi adulta, ha visto da testimone il potere e il successo.
Un lavaggio del cervello, mi spiego, spesso inconsciamente generato.
È a lui che questo tipo di donna si rapporta, è a lui che vuole dimostrare stima e affetto, nel suo mostrarsi “con le palle”, forte e meritevole come… un uomo. Magari, tale donna, prima ancora che con le altre donne non ha saputo fare “squadra” neanche con la stessa creatura che l’ha messa al mondo, preferendo il “maschio di casa”, come prova della potenza e della volontà, dell’ attitudine alla vita professionale e culturale.
NOI non dimentichiamoci che, se abbiamo raggiunto tali traguardi di riconoscibilità in alcuni ambiti, lo dobbiamo a quelle che in passato hanno lottato e si sono mostrate coraggiose.
Chi siamo NOI, moderne, per gettare nel dimenticatoio tale sacrificio, accontentandoci di assomigliare a un Uomo? Chi siamo noi per restare nella zona di comfort e accontentarci di ciò che abbiamo? O MEGLIO che ci viene CONCESSO.
Chi siamo noi per mancare di rispetto alle ave e dimenticarci di lottare per le future generazioni di Donne?
Dunque, senza voler storpiare la “bella” lingua italiana, se esiste un termine per indicare un titolo femminile, usiamolo per piacere. Allo stesso modo, chiediamoci perché quel termine non esiste anche in rapporto al genere femminile.
È un’offesa al genere tutto farci chiamare “Scrittore”, “Maestro”, “Professore”, “Autore”, “Pittore”… eccetera.
La DONNA ha il diritto di esistere, ha il diritto di essere riconosciuta per ciò che è.
La vera DONNA non elemosina da un Uomo né si rende simile a lui.
NOI non siamo riflessi, siamo la fonte.