La “Anna” che c’è in ognuno di noi…

Sono una delle poche persone ad ammalarsi ad agosto, o almeno per quel che ne rimane. Ma se c’è una cosa che mi solleva un po’ è il pensiero di avere del tempo per vedere vecchi film o terminare serie tv rimaste incomplete. Ormai è circa un anno che ho fatto abbonamento a Netflix. Mi ero detto di provarlo per un po’ e poi disdirlo se lo avessi trovato inutile. Ora non so proprio come facessi prima. Proprio oggi, che l’influenza mi sta dando problemi, ho terminato di vedere “Anna dai capelli rossi”. La Serie riprende la storia di Anna Shirley, la più famosa orfanella dai capelli rossi di sempre. Non ho mai letto il libro di  Lucy Maud Montgomery, ma da bambina vedevo sempre il cartone animato, perchè in realtà piaceva molto a mia nonna che è una gran sognatrice e che si chiama proprio Anna. Preferivo tutto un altro genere, ma per passare del tempo con lei e vederla sorridere fingevo che piacesse anche a me.

Così un po’ per curiosità un po’ per ricordare la mia infanzia di quando restavo in cucina coi miei nonni a guardare la tv, ho provato a vederne una parte. Inutile dirvi che la serie prende solo spunto. C’è una storia più vera, che tocca l’animo e vi posso assicurare che piacerà molto ai grandi, che di Anna avevano un buon ricordo, ma anche a quelli come me che proprio non la digerivano. Il titolo è “Anne with the E”, tradotto in “Chiamatemi Anna”.

Ad essere sincera, prima di innamorarmi di questa serie originale Netflix mi ci è voluto più di un episodio, ma ciò che resta alla fine della prima stagione (7 episodi) è di aver scoperto un lato di Anna che non conoscevo. La parte vera, umana, che in un cartone animato dedicato ai bambini proprio non poteva essere rivelato. Dolore e sofferenza si intrecciano con spensieratezze e fantasia. Vengono fuori le problematiche vere di una società, la paura di essere accettati, il non riuscire ad inserirsi nella realtà in cui si vive, non accettarsi per quello che si è e soprattutto l’essere diversi, forse migliori di chiunque altro e non essere capiti. Non manca neanche il discorso dell’emancipazione femminile, dove le donne si muovono in un contesto maschilista e “antico”. Anna è una fanciulla straordinaria che non sa di esserlo, matura per la sua età dopo averne passate di tutti i colori. Arriva a Greengables con la speranza nel cuore di poter vivere finalmente felice in una famiglia che le possa dare quell’amore che mai aveva ricevuto prima. Ma presto deve fare i conti con la verità… i Cuthbert volevano un maschio!

“Preferisco immaginare che ricordare”

Anna è interpretata da una perfetta  Amybeth McNulty, che raccoglie l’eredità pesante di un personaggio che deve fare i conti con un passato difficile. Affetta da disturbo post traumatico da stress,  è una sopravvissuta, una bambina che cerca di superare un passato fatto di violenze ed abusi. Ci sono a tal proposito continui flashback che riguardano scene della vita precedente tra orfanotrofio e famiglie che l’hanno tenuta per un po’ prima di arrivare a Green Gables. Quella di Anna è un’infanzia negata. La sua condizione di orfana oltre a toglierle l’affetto dei genitori, le ha tolto anche la possibilità di andare a scuola nonostante abbia una “mente brillante”, come viene più volte detto nella serie.

La sceneggiatura è perfetta in ogni sua parte, non c’è nulla di insolito o di non gradito. Lo spettatore viene messo a contratto con una realtà che può sentire vicina per tanti aspetti. La veridicità degli eventi è da imputare alla scelta della sceneggiatrice Moira Walley-Beckett, già nota al popolo di Netflix per aver fatto parte per anni del set di Breaking Bad.

Quello che forse mi sarebbe piaciuto vedere più ampiamente trattata nella prima stagione è la “storia d’amore” tra Anna e Gilbert (Lucas Jade Zumann), ma forse è giusto che si sia dato spazio prima di tutto alla conoscenza del personaggio e della sua storia. Mi auguro che l’argomento legato a questa “simpatia” sia affrontato un po’ di più della seconda stagione disponibile su Netflix nel 2018 con due episodi in più rispetto alla prima: da 7 a 10!

Altri i temi di questa storia anticonformista che toccherà delle note “particolari”, come la nascosta storia d’amore fra il maestro di scuola Mr. Philips (Stephen Tracey) e la sua alunna più grande, cosa che non passerà di certo inosservata agli attentissimi occhi da osservatrice di Anna, o come la sottointesa, ma mai espressa omosessualità dell’austera Zia di Diana, Josephine (Deborah Grover), trattata con profonda eleganza.

Insomma, se siete tra quelli che come me non siete stati grandi fans dell’anime giapponese trasmesso in italia nella vostra infanzia, sappiate che Netflix vi restituirà un personaggio ed una trama diversa seppur il più simile all’originale e che vi darà la possibilità di entrare a contatto con la parte migliore di voi. E poi mi direte quanti rispecchiandosi nel carattere allegro, ma allo stesso tempo riflessivo di Anna non si troveranno a dire.. anch’io avrei fatto come lei. Perché la verità è che c’è un po’ di Anna in ognuno di noi.

 

 

Sonia

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